Un (altro) abbraccio al femminile per Anna Maria
Porte sbarrate. E chiuso l’edificio palmese della Curia della diocesi Oppido Mamertina-Palmi, retta dal vescovo monsignor Francesco Milito.
Per la protesta ideata e fortemente voluta da Collettiva Autonomia per il 17 settembre contro la “promozione” a parroco del Duomo di Gioia Tauro di don Antonio Scordo, niente adeguata interlocuzione, ferma restando l’ottima buona volontà e disponibilità dimostrata dal parroco del Duomo di Palmi, don Silvio Mesiti; che però, dal canto suo, già aveva sostanzialmente aderito all’iniziativa…
Don Scordo è l’ex parroco di San Martino, la frazione taurianovese di cui è originaria Anna Maria Scarfò – la sfortunata giovane vittima di tremende violenze di gruppo a soli 13 anni d’età: oggi ne ha 29 –, condannato in primo grado a un anno di carcere per falsa testimonianza proprio per non aver “visto” quello scempio, malgrado la stessa Anna Maria gli si fosse rivolta sperando in un sostegno, secondo la ragazza e la pubblica accusa mai arrivato dal sacerdote; con un comportamento che di fatto avrebbe consentito ai presunti giovinastri di abusare della ragazzina per l’infinito periodo di ulteriori tre anni.
Sulla vicenda, la Chiesa oppidese pare essersi blindata: non sono giunti segnali di distensione da parte dell’attuale vescovo Milito né erano arrivati dal predecessore, il compianto monsignor Luciano Bux (scomparso l’8 agosto scorso nella “sua” Bari).
Luciana Bova Vespro (a destra, nella foto) è una delle componenti di Collettiva Autonomia, che una manciata di ore fa ha radunato decine di persone davanti alla Curia di Palmi. E che è da sempre accanto alla Scarfò, fin dai tempi di Snoq (Se non ora quando)…
«La storia di Anna Maria è molto significativa per il nostro territorio, perché ha varie componenti. Quella territoriale, comunque legata a fenomeni di criminalità organizzata: alcuni degli stupratori di Anna Maria erano già in cella per reati connessi. Il silenzio assordante da parte della Chiesa. E poi, queste nomine per don Scordo
il quale, di fatto, per noi porta la “responsabilità morale” di aver permesso il perpetrarsi delle violenze… Ecco, semmai da parte di monsignor Milito il silenzio ci voleva su don Scordo, evitando anche di conferirgli ulteriori incarichi e dicendo, piuttosto, almeno una parola per la giovane vittima di orrori indicibili».
Certo la presunzione d’innocenza vale anche per i religiosi, benché la vicenda sia delicatissima. O no?
«In premessa: noi siamo dalla parte di Anna Maria e dalla parte delle donne. Però a monsignor Milito già avevamo scritto quando nominò don Antonio Scordo suo portavoce per le associazioni laicali, chiedendogli un contatto. Specie a queste latitudini, si sa che la Chiesa è un assoluto punto di riferimento quando si verificano vicende del genere… molto difficile che la vittima di abusi si rivolga immediatamente a un Centro antiviolenza. Così la Chiesa cattolica, “madre” anche per i non credenti, evocativa di un rapporto di fiducia, crediamo non possa assolutamente rispondere con il silenzio anziché con l’accoglienza».
In atto qual è a vostro avviso la “colpa”, l’inadempienza della Chiesa oppidese?
«Malgrado la nostra insistenza, non c’è stata alcuna parola verso Anna Maria da parte di monsignor Francesco Milito; nessun gesto di vicinanza. Mentre l’arcivescovo della diocesi Reggio-Bova monsignor Giuseppe Fiorini Morosini aveva dimostrato ben altra, immediata sensibilità. Del resto, la ragazza ha avuto anche tutto il territorio contro di lei, beccandosi perfino l’addebito d’aver fomentato la stampa contro la Chiesa…».
Resta il fatto che proprio monsignor Fiorini Morosini, in occasione dell’omelia per il Cero votivo per la Madonna della Consolazione, ha lamentato passate accuse – ritenute ingiuste – di collusioni con le ‘ndrine. La circostanza stimola una domanda: quanto conta che, nel “caso Scarfò”, voi accusiate (anche) un religioso?
«Sulla vicenda riteniamo d’essere state abbastanza chiare (nel corso della protesta, le attiviste della Collettiva hanno anche strappato manifestini con su scritto “Il silenzio è complicità”, ndb), inutile pronunciarsi ulteriormente. Se comunque la Chiesa adduce a sé una responsabilità morale, spirituale, resta un po’ strano che in alcuni casi le storie processuali contino e in altri casi no… se dice d’essere riferimento morale, allora dev’esserlo, in coerenza, senza mai dimenticare anche le recenti parole di Papa Francesco. Né possiamo consentire l’esaltazione di una sorta di “culto della sofferenza”, che anzi proprio in casi del genere andrebbe rigorosamente cassato dalla Chiesa a favore di ferme sollecitazioni alle vittime affinché denuncino gli abusi ai Centri antiviolenza e agli organi di polizia».
Intanto, don Mesiti promuoverà incontri in parrocchia, a Palmi, riguardo sui temi della violenza sulle donne. E tramite il proprio sito web ufficiale, ha fatto sapere monsignor Milito che fornirà alla Collettiva una risposta «in tempi congrui».
Che ovviamente dovrebbero ben precedere un verdetto a titolo definitivo sulla posizione di don Scordo… La questione, in effetti, non può essere certo ridotta al prendere atto o meno di un verdetto irrevocabile (di qualsiasi segno sia).