Scuola, il baratro Calabria
Già. «Se pensi che l’educazione sia costosa, prova a stimare il costo dell’ignoranza…»: questa battuta al fulmicotone è di Howard Gardner, il docente di Harvard che elaborò il concetto d’ “intelligenza multifattoriale”.
Il punto è che specialmente in territori “a rischio”, come scienziati, sociologi e uomini delle Istituzioni dicono (inutilmente) da decenni, l’ultima cosa su cui ci si potrebbe permettere di tagliare è l’istruzione… E in questo senso, va detto, le inedite parole da neopremier di Matteo Renzi avevano seminato ampie speranze, trattandosi del primo Presidente del Consiglio dei ministri nella storia d’Italia ad aver messo al “top” delle priorità proprio l’istruzione (e l’edilizia scolastica che in Calabria e a Reggio Calabria in particolare da anni langue a livelli terzomondisti: nel settore, Renzi ha poi fatto sapere che il Governo investirà 3 miliardi e 700 milioni di euro per rimettere in sesto 10mila scuole).
Invece purtroppo, dopo lo scandalo nazionale della totale assenza di asili nido pubblici in riva allo Stretto, giungono adesso notizie poco confortanti.
Nel riportare un’anticipazione della rivista di settore Orizzonte Scuola, infatti, l’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) sottolinea come l’idea di contenere i costi della “macchina” della scuola nel nostro Paese, strettamente connessa con spending review & affini…, nasconda sottotraccia ingiustizie spaventose dietro l’angolo.
Per esempio, la progressiva caducazione del Sistema Istruzione nel Mezzogiorno. E specialmente in Calabria.
«Poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all’altra. A saldo invariato», fa notare la “mitica” rivista degli operatori scolastici. E questo malgrado il prossimo anno sia in cantiere un incremento stimato di 33.997 unità del numero complessivo degli alunni. E soprattutto a dispetto del fatto che nel sessennio 2007-2012 gli organici della Scuola italiana abbiano già perduto almeno 100mila docenti complessivamente.
Ma a perdere docenti l’anno prossimo, ecco l’inghippo! (…la gàbola, se preferite lemmi più usati da Roma in su…), saranno solo territori meridionali.
Certo, l’Umbria avrà una diminuzione di 11 docenti e si tratta di una regione del Centro Italia. Va bene…
…Anche l’Abruzzo che perderà 14 cattedre, lo considerate una regione del Centro? Va bene…
…Dite che la Sardegna (-27) e la Sicilia (che avrà una micidiale diminuzione di ben 504 cattedre), benché chiaramente territori meridionali, sono isole? Va bene…
…Resta il fatto che, escamotage geografici o meno, la Campania perderà 387 cattedre. La Puglia, 340. E la Calabria, nel suo “piccolo”, avrà 183 insegnanti in meno. Con un indice di riduzione di docenti allucinante (infatti il taglio sarà di 183 posti a fronte però di neanche 2 milioni d’abitanti, quando regioni come la Puglia, che si vedranno decurtate 340 cattedre, vantano però oltre il doppio della popolazione) in un territorio assolutamente “a rischio” e sul quale l’incidenza della non-istruzione dovrebbe far nascere appropriati interrogativi. Ben oltre il mero dato economicistico.
A proposito: chi lo dice, ora, al neoministro competente Stefania Giannini, pronta a sottolineare solo poche ore fa che «occuparsi delle scuole è un dovere fondamentale di un Paese avanzato»?