A proposito della società civile che “resiste”: l’affaire Luccisano (e la Bcc di Cittanova)
Questa volta no, non è un “avvertimento” come altri.
Diventa uno spartiacque, l’ennesimo furto – il settimo nel giro di 7 anni: come media non c’è male… – ai danni di Michele Luccisano, 52 anni il prossimo 22 marzo, imprenditore oleario e soprattutto imprenditore titolare della Verdiana (produttrice anche di kiwi giallo, confetture, marmellate…) che coraggiosamente ha denunciato i “cravattari” cui s’era rivolto fino a farli condannare (persino in terzo grado, come vedremo). Ma poi anche testimone antiusura, con tante occasioni di confronto nelle scuole, e presidente della neonata rete etica d’imprese Calabria Solidale, volta a coniugare legalità, coltivazioni “bio” e gestione pizzo-free.
…Quello appena perpetrato è quel tipo di segnale che, a misfatti nei tuoi confronti ormai compiuti, a tua ribellione ormai “esplosa”, a iter processuali ormai praticamente esauriti ti fa capire che purtroppo per te non sarà una denuncia e nemmeno una condanna la yellow line, la linea di demarcazione tra gli incubi del passato e un presente e un futuro informati esclusivamente ai Valori in cui credi e alla speranza di condizionare positivamente tutto il resto del mondo. Ma, probabilmente, quegli incubi sgomiteranno per infilarsi nella tua “nuova vita” e perseguitarti fino a un momento futuro e incerto.
Nella notte tra mercoledì 15 e giovedì 16 gennaio, i soliti (ig)noti sono penetrati nei locali dell’azienda di contrada Valle, poco fuori Cittanova. E hanno arraffato un po’ di tutto: una cisterna con dentro 100 quintali d’olio, prodotto-madre della Verdiana, altri contenitori più piccini, 500 litri di gasolio, una motosega e altri attrezzi vari, infilando tutto a bordo di un camion non portato da fuori, ma paradossalmente di proprietà sempre dell’azienda dei fratelli Michele e Antonio Luccisano, poi hanno unito i contatti per accendere il motore e se ne sono andati.
Il 16 mattina è stato Antonio, aprendo i battenti per una nuova giornata di lavoro, a rendersi conto del settimo furto, il primo del 2014 (non foss’altro perché appena iniziato). Danno stimato: circa 60mila euro.
Scontata la denuncia ai Carabinieri, ma stavolta il “colpo” era stato affidato a bassa manovalanza davvero: malviventucoli d’infimo spessore criminale hanno mal chiuso i contenitori con dentro il frutto dell’operato dello staff della Verdiana, così il mezzo pesante ha presto iniziato a perdere l’olio. Tanto, tantissimo olio. Risultato: nove incidenti stradali soltanto ieri mattina (16 gennaio) nei 15 km compresi tra Cittanova e località Longo di Melicucco, dove i ladri si son decisi ad abbandonare camion e refurtiva. C’è anche chi si è rotto il femore.
«Ecco perché, nei fatti, possiamo parlare adesso parlare di danni stimati tra gli 8 e i 10mila euro – spiega Michele Luccisano –, anche se per il momento non ho la possibilità di dire con esattezza cosa esattamente sia stato portato via: martedì prossimo arriveranno da Reggio gli uomini della Scientifica dell’Arma, solo dopo potrò tornare in possesso del camion e capire cosa manca davvero all’appello». Quanto a dinamica, però, «è stato soltanto l’ennesimo colpo perfettamente identico agli altri per modalità di scasso, d’ingresso, perfetta conoscenza dei luoghi e perfino delle attrezzature in dotazione all’impresa».
Tutto ciò non sposta di una virgola la questione di fondo:
non siamo davanti a “veri” furti, ma a ruberie a matrice intimidatoria. Al proseguimento di un’invasiva azione criminosa nei confronti di un imprenditore esposto per 100mila euro coi “cravattari” che ne ebbero 180mila ma in tutto, per un “prestito” triennale, gliene avevano chiesto indietro complessivamente oltre mezzo milione… «Sì, la mia idea è sempre stata quella – ammette Michele Luccisano –: sono episodi che peraltro hanno tutta la veste dell’atto intimidatorio, in un’occasione sono arrivati a uccidermi i cani… Evidentemente, hanno intenzione di colpirmi sotto il profilo patrimoniale. Chi? La mia ipotesi personale, me la son fatta: i miei trascorsi da denunciante che fece finire sei persone in galera non credo siano estranei a questi furti».
C. Chiedo scusa, lei, questo STANGANELLI, lo conosce per la prima volta quel giorno? —//
B. Quel giorno, si, e… nel… nel pomeriggio stesso mi dicono che sono disponibili. Ehm… nel… stabiliamo 20.000 euro e io gli restituisco questi 20.000 euro nel mese di dicembre. —//
A. E… sugli interessi? —//
B. Sugli interessi il 10%. —//
A. In quel pomeriggio stesso? —//
B. Si, in quel pomeriggio stesso. —//
A. Quindi in quel pomeriggio lei stabilisce qual è la somma di cui ha bisogno e loro gliela consegnano? —//
B. Si, tanto è vero che io gli dico, scusa, ma mi avevi detto il 7, dice no, no, dice… il… il… il tasso di interesse convenzionale è il 10%, chiamiamolo così. —//
A. Come se ci fosse un uso, praticato in questa zona…—//
B. Si, di questo prezzo. —//
Eccolo, il coraggio non-teorico di Michele Luccisano: un piccolo stralcio dalle sue dichiarazioni rilasciate ai magistrati della Procura della Repubblica di Palmi il 22 settembre del 2010, nello specifico rispetto al ruolo del gioiese Domenico Stanganelli (classe ’65), come i suoi congiunti considerato vicinissimo al potente clan dei Molè.
Oppure le frasi dell’imprenditore che ha avuto il coraggio di ribellarsi agli usurai che lo stavano “strozzando” sul ruolo di Antonio Zangari (già tra gli arrestati del blitz):
Nei primi mesi del 2005, per ottenere altra liquidità il CALIA mi ha accompagnato da un’altra persona di Polistena, tale Antonio, di cui non ho mai saputo il cognome, ma posso indicarvi la casa dove abita, che mi ha concesso varie somme di denaro per un importo complessivo di € 32.470,00. A garanzia della somma concessami, il 26.03.2007, ho dato al CALIA due assegni della Banca Unicredit, quello n. 3175028817-12 dell’importo di 11.770,00€ e quello n. 3175028818-00 dell’importo di € 20.700,00, che ha trattenuto direttamente lui avendo dovuto girare Al Sig,. Antonio dei suoi assegni, come confidatomi dallo stesso CALIA. Il secondo degli assegni citati, quello più consistente, è stato posto all’incasso dal CALIA il 02.09.2010, ma lo ha poi richiamato il giorno 16 successivo.——–
Nell’ incontro di ieri CALIA, per quanto concerne il prestito fattomi da Antonio di Polistena, dell’importo complessivo di € 32.470,00, mi ha detto che avrebbero dovuto quantificare la relativa quota interessi.—-//
Va anche precisato che, stando al diretto interessato, non di 10mila ma di «diverse centinaia di migliaia di euro» è l’importo dei danneggiamenti complessivi collegati ai vari furti subiti negli anni: «La botta forte è stata la prima, nel 2007, con 630 quintali d’olio portati via in una volta sola… In totale, alla nostra azienda manca qualcosa come 1.600 quintali d’olio».
…Diciamo che c’è anche una novità non piccola: nel dicembre scorso, è arrivata la terza (…ma non ultima…) puntata della telenovela giudiziaria relativa al processo “Tentacolo”.
In primo grado, il 24 gennaio 2012, i giudici del Tribunale di Palmi avevano condannato Domenico Stanganelli a 8 anni e 4 mesi, Carmelo Stanganelli a 7 anni e 8 mesi, l’altro Domenico a 6 anni e 8 mesi e l’unico altro imputato, Pasquale Calia, a 3 anni di reclusione. Il 21 febbraio dell’anno scorso, però, la Corte d’appello di Reggio aveva operato ingentissimi sconti di pena, irrogando condanne per 17 anni e mezzo di carcere complessivamente contro i 26 globali del primo grado. Be’, nel dicembre scorso s’è giunti in Cassazione: e la Suprema Corte ha acclarato in modo definitivo la colpevolezza dei quattro imputati, con rinvio però ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria ai fini della rideterminazione delle pene, che dovrebbero essere decisamente più alte perché proprio i giudici cassazionisti hanno censurato la forte decurtazione degli anni di reclusione da scontare sancita dai magistrati del riesame.
«A me – aggiunge ora l’imprenditore – interessa soprattutto che, infliggendo i magistrati una condanna ai miei aguzzini, si certifichi che nelle sue denunce Michele Luccisano ha detto il vero: troppo spesso, nelle aule di tribunale, si ha la sensazione che il “reale” imputato sia chi ha il coraggio di denunciare».
Non un modo di dire: i legali dei quattro imputati, all’indomani del verdetto di primo grado, avevano preannunciato appello attraverso una nota stampa che, in pratica, tratteggiava l’imprenditore-coraggio come un truffatore, sottolineando tra l’altro che Luccisano «nello stesso periodo in cui avrebbe subìto l’usura acquistava attraverso società estere la quota di 1/3 di terreno di 52 ettari per gran parte edificabile», «distraeva disponibilità finanziarie milionarie nella sua azienda», «impiegava documentazione fiscale fittizia per ottenere anticipazioni nella sua banca». Ma le sentenze non hanno minimamente recepito addebiti del genere.
«Cosa c’era di vero? Nulla – respinge ogni illazione il titolare della Verdiana –. Sono stati tentativi d’arrampicarsi sugli specchi per screditare me e le mie dichiarazioni, e per quelle accuse arrivò pure un deferimento all’Ordine degli avvocati. Semmai, imbarazzante per me è stato il sèguito… ».
Una situazione kafkiana, con le banche che gli hanno sprangato le proprie porte.
«Nei fatti – spiega il titolare della Verdiana – non ho neanche un conto corrente: ormai, lavoro solo con Banca Etica. Ma ci sono risvolti più avvilenti per me e mio fratello Antonio… La mia banca, la Banca di credito cooperativo di Cittanova, ci ha buttato fuori da soci. Non “esclusi”, no; proprio buttati fuori, nel luglio 2011, quando il processo “Tentacolo” già era in corso». Tutto ciò in un istituto di credito non-qualsiasi: perché questa Bcc sorge a Cittanova, storico baluardo pionieristico dell’associazionismo antiusura, ma soprattutto perché la banca cooperativistica oggi guidata da Rosario Casella era davvero percepita da Luccisano come la “sua” banca, visto che «ebbe per decenni tra gli amministratori, e per un annetto anche quale presidente, nostro padre Giacomo, scomparso 10 anni fa». E invece, quello stesso istituto cresciuto anche grazie all’apporto fondamentale di Giacomo Luccisano, non ha avuto particolari remore a sbattere fuori due soci-imprenditori certamente tra i pochi, non a Cittanova ma in tutto il Paese, ad avere gli attributi sufficienti per denunciare gli usurai di cui erano stati vittime, attraverso un’algida raccomandata. «Alle mie richieste di maggiori chiarimenti, la Bcc s’è limitata a dirci: “Facciamo sempre così, in casi di questo genere… non potevamo fare diversamente”. Senza distinguere tra le persone. Non solo: l’espulsione dei soci, in caso sia necessario procedere al recupero del relativo credito, è una mera “facoltà” in capo al consiglio d’amministrazione della Bcc cittanovese, non certo un obbligo. E nel nostro caso esisteva solo una lettera: di atti giudiziari nei nostri confronti, neanche l’ombra».
Detto in altre parole: crede Michele Luccisano alle (formalmente ineccepibili) spiegazioni fornitegli dalla Banca di credito cooperativo di Cittanova? «…Ci mancherebbe! Assolutamente no».
E adesso andrà avanti, lui, certo. Terrà duro, malgrado i furti-intimidazioni da parte di chi, con ogni probabilità, vorrebbe mettere le mani sull’azienda olearia di famiglia (che si occupa di olio & C. “soltanto” da 200 anni…). Ma adesso che è il momento dei riflettori in qualche modo accesi, della solidarietà verbale, non sarebbe male schiudere la porta a una solidarietà dei fatti. Più “acquisti consapevoli”, per esempio. Maggiore attenzione in chiave preventiva da parte delle forze dell’ordine. E un passaparola che illumini un punto d’eccellenza della Calabria produttiva che, al contempo, è anche una roccaforte della Calabria che di fronte alle angherie non riesce a restare in silenzio.