Animi “in fiamme” a Palazzo Campanella
La seduta consiliare di ieri a Palazzo Campanella s’è aperta e chiusa all’insegna di due distinti scontri verbali alquanto accesi e pregni di qualche significato.
Prima occasione, in pieni “preliminari” di sessione d’aula: le due surroghe con cui l’Assemblea di ieri s’è aperta. L’ex segretario vibonese dell’Udc e vicesindaco di Vibo Valentia Salvatore Bulzomì (nella foto a sinistra, festeggiato al formale insediamento dal consigliere lametino del Pdl Mario Magno e dal collega di partito Gianluca Gallo) ha avvicendato l’ex assessore regionale al Lavoro Francescantonio Stillitani, da poco polemicamente dimessosi anche da consigliere regionale per la pretesa inutilità dell’incarico e la vacuità – sempre per Stillitani – delle politiche possibili in seno all’istituzione regionale. E anche l’ex assessore regionale ai Trasporti Aurelio Chizzoniti, primo dei non eletti per la lista “Insieme per la Calabria”, è tornato sugli scranni di Palazzo Campanella per via della nuova misura cautelare (divieto di soggiorno sul territorio regionale) disposto nelle scorse settimane su input della Procura distrettuale di Reggio Calabria ai danni di Antonio Rappoccio (che, dunque, tornato in sella neanche ha fatto in tempo a dimettersi come aveva prima annunciato e poi semi-smentito).
Giusto la surroga (temporanea) di Chizzoniti rispetto a Rappoccio, però, è stata scaturigine di un momento di tensione: il già presidente del Consiglio comunale, appena rientrato tra i banchi che l’hanno visto anche presidente della Commissione consiliare di Vigilianza, ha chiesto al presidente dell’Assemblea Franco Talarico di poter parlare a margine del suo reinsediamento in Consiglio. Talarico però gli ha negato l’intervento: «La prassi del Consiglio regionale non lo prevede. Altri consiglieri, debuttando in aula, avrebbero voluto dire qualche parola d’esordio ma non l’hanno potuto fare proprio per questo motivo: neanche lei, la volta scorsa, l’ha fatto».
Questa volta, però, Aurelio Chizzoniti (vedi foto) avrebbe voluto parlare “a tutti i costi”, perché di mezzo c’era la ritenuta scorrettezza nei comportamenti di una parte della magistratura reggina nel controverso “caso Rappoccio”. «Esiste uno “scandalo Giustizia”: io vorrei dirlo ora e qui – è sbottato l’avvocato reggino, rivolgendosi allo stesso Talarico –, se lei non me lo consente lo dirò domani in conferenza stampa, e mi parrebbe meno corretto». Ma il politically correct durava davvero pochi secondi: «Siamo a un passo dalla dittatura, se si perquisiscono le redazioni dei giornali (evidente il tacito riferimento a quanto accaduto alla redazione reggina dell’Ora della Calabria, ndb) e s’impedisce ai consiglieri regionali d’intervenire! Le storture della Giustizia in questa città – ha protestato con veemenza, urlando, l’ex presidente della Vigilanza –. Scarcerare le persone perché hanno o meno l’uso di una segreteria politica è una porcheria, e io lo devo denunciare in questa sede». Lamentele cui il presidente Talarico, a quel punto, s’è limitato a replicare facendo cenno alle possibili tutele giuridiche in capo a Chizzoniti «per poter eccepire ogni errato comportamento sul fronte delle regole».
“Caldissima” dialettica anche a fine seduta. Nuovamente uno dei protagonisti è stato (suo malgrado) Talarico; il presidente della Seconda commissione Attività produttive Candeloro Imbalzano e il consigliere del Gruppo misto Peppe Giordano gli altri due.
Sfondo, la vicenda delle ex-Omeca: già all’inizio della sessione d’aula, Imbalzano (che da lunghi anni segue la questione) aveva proposto l’inserimento di una mozione all’ordine del giorno, suscitando le proteste di Demetrio Naccari Carlizzi (Pd), lesto a chiedergli di esibire e leggere in aula il testo della mozione. Un testo che in sostanza faceva ampio riferimento alla situazione delle settimane passate, senza essere adeguatamente aggiornata agli sviluppi (ad esempio, l’audizione del responsabile Relazioni esterne di Finmeccanica Natale Forlani giustappunto in Seconda commissione).
Per questo motivo non s’era giunti inizialmente a una convergenza e lo stesso inserimento della mozione Imbalzano all’odg era stato rinviato ad altra fase del Consiglio.
Esauriti ormai i punti in programma, alla fine della sessione d’Assemblea si sono riesumati ordini del giorno e mozioni il cui inserimento nella seduta di ieri era già stato votato. Mentre Giordano (praticamente unico esponente dell’opposizione ancòra presente nel perimetro dell’aula consiliare, come si può notare dalla foto qui a destra) dialogava in modo un po’ irrituale e insistito con l’assessore all’Ambiente Francesco Pugliano, un po’ curiosamente Imbalzano (considerata la “fretta” suggerita da lavoratori e sindacalisti sul caso Ansaldo Breda) ha chiesto di votare l’inserimento: zero oppositori, zero voti contrari.
Naturale che il presidente Franco Talarico a quel punto ponesse in votazione non più l’inserimento all’ordine dei lavori, ma lo stesso testo (testo “fantasma”, per la minoranza…) della mozione: a quel punto, però, Peppe Giordano s’è reso conto che stava per essere pronunciato un voto sostanzialmente in contumacia per quanto riguarda un intero schieramento, quello di minoranza, e tornato rapidamente tra i banchi del centrosinistra ha chiesto conto di quanto accaduto, negando anzi a più riprese che fosse stato mai posto al voto l’inserimento in ordine del giorno del documento proposto da Candeloro Imbalzano, quantomeno mentre lui stesso era in aula (smentito, per forza di cose, da Talarico e dal segretario Nicola Lopez). E ha ricordato, Giordano, che anzi «c’era l’idea di riproporlo in vista della seduta successiva, per dargli maggior forza. Del resto – ha aggiunto l’oppositore – questo è il quarto ordine del giorno che licenzia questo Consiglio; dunque, dev’essere supportato da un’unanimità politica che gli consegni una forza tale da agevolare l’effettiva soluzione del problema». Per aggiungere sùbito dopo: «Non vorrei essere costretto a impugnare questa deliberazione, ne va del rispetto delle regole. E poi – ha fatto presente l’ex presidente del Consiglio provinciale di Reggio – su un tema così importante, non si agisce “alla chetichella”: si promuove un dibattito, se ne fa occasione di discussione… Questo non è un Consiglio regionale!», ultima staffilata nel diffidare Talarico di dar corso a quella che sarebbe stata vissuta come una «gravissima irregolarità».
Ma non c’è stato niente da fare: l’ordine del giorno di Imbalzano sul polo reggino Ansaldo Breda s’è dato per regolarmente inserito, votato e approvato.
E magari di un altro acceso intervento vi diremo più in là…