I senatori a vita e quella “qultura” che la politica osanna solo a parole
La cosa più torva e triste che io abbia sentito dire negli ultimi anni l’ha detta oggi Daniela Santanchè (foto a destra).
Questa dirigente del Pdl, purtroppo lontana anni-luce dai valori di una Destra europea di cui il Paese ha maledettamente bisogno, così come di una Sinistra europea (che dista meno dal traguardo, ma di sicuro è ancòra ben lontana dall’averlo tagliato…), s’è permessa di dire che «l’unico che l’avrebbe meritato», cioè Silvio Berlusconi, non è stato nominato senatore a vita.
Qualche breve considerazione.
Io personalmente, ritengo che l’ex premier Berlusconi non meriti assolutamente, neanche di striscio, alcun tipo di onorificenza se non in campo imprenditoriale (dove ha realizzato realtà straordinarie come Mediaset) e sportivo (il Milan è una realtà planetaria, sotto gli occhi di tutti).
In più, indipendentemente da ogni valutazione politica, costituirebbe un assurdo e pericolosissimo precedente il conferimento della carica di senatore a vita a un soggetto raggiunto da condanna irrevocabile, foss’anche per un reato minore (e così, purtroppo per Silvio Berlusconi, non è assolutamente nel caso suo).
E da questo piccolo blog, vorrei evidenziare l’enorme pericolo per la storia e la Costituzione di questa Repubblica che deriverebbe anche solo dall’idea che, messa in cassaforte una sentenza di colpevolezza irrevocabile verso uno qualunque tra i 60 milioni d’italiani, tutti uguali davanti alla Legge (e non «tutti uguali tranne uno», per parafrasare l’infelicissima battuta del ministro alle Riforme Gaetano Quagliariello…), verdetto tra l’altro “consonante”, dello stesso segno (colpevolezza) non in uno ma in tutti i diversi gradi di giudizio!, questo soggetto possa essere impunemente sollevato dalle proprie responsabilità penali con l’escamotage del laticlavio “onorario”.
Ma la cosa più aberrante e schizoide che ritengo includa un devastante messaggio come quello propalato dall’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e da altri (in molti casi, oziosamente) riguarda la pesantissima sottovalutazione dei neosenatori a vita.
A molti di questi microbi (politicamente e, spesso, umanamente) direi solo una cosa piccola piccola: signori, curricula sul tavolo. Parlerete solo dopo aver confrontato i vostri con quelli dei neonominati, ammesso che – arrossiti dalla vergogna – non vogliate volontariamente sparire nelle viscere della terra.
Personalmente, sapevo poco di Elena Cattaneo e delle sue formidabili ricerche sulle cellule staminali.
Posso però dire che Carlo Rubbia, Renzo Piano (vedi foto a sinistra) e Claudio Abbado sono nei settori della ricerca scientifica, dell’architettura e della musica delle strepitose eccellenze che tutto il mondo c’invidia.
Sarebbe perfino banale (…ma non meno vero!) “gridare all’untore”, sottolineando quanto Silvio Berlusconi abbia pochi meriti in questo stesso senso e altri politici, anche dello stesso colore politico, possano averne assai di più.
La Questione sta invece nella pochezza di parole che trucidano verbalmente la straordinaria e variegata ricchezza delle risorse umane di questo Paese; e arriva da un ambiente – la politica – che, grillini o radicali, “sinistri” o “destri”, ciancia molto spesso dell’urgenza di ribaltare l’assurda gerarchia di valori spesso vigente in Italia, cercando di tutelare e preservare la cultura e i suoi alfieri non diciamo “nobilmente”, ma almeno in maniera un attimo più decente.
Lasciamo stare il confronto – probabilmente, ridicolo – con Berlusconi. Ma per fare un solo esempio, chi può osare dire che un architetto incredibile come il premio Pritzker Renzo Piano, il papà del Beaubourg (qui accanto, l’opera tecnicamente denominata Centro “Georges Pompidou” realizzata da Piano a Parigi insieme agli architetti Gianfranco Franchini e Richard Rogers) di per sé non meritasse uno scranno da senatore a vita?
Non in Italia, ma in quasi tutti i Paesi del mondo chiunque lo affermasse sarebbe preso per pazzo. La prima cosa per un politico assennato dovrebbe essere cercare di offrire delle argomentazioni pur minimamente valide.
E poi, altra questione: molte delle argomentazioni portate avanti in queste ore guardano al passato remoto, cercano di riportare la nomina dei senatori a vita in un alveo politico che è invece esattamente il perimetro entro il quale incarichi di questo tipo non possono stare. Solo in casi rarissimi può avere senso tributare la carica di senatore a vita a un politico di professione (ex Capi di Stato esclusi): basti pensare a quanto fece discutere, per citarne uno solo, la nomina dell’ormai scomparso Emilio Colombo (big della Dc ricordato in Calabria con particolare livore, considerato il plateale fallimento del famigerato “pacchetto Colombo”).
…In questo senso, direi che le considerazioni sciorinate da Beppe Grillo (peraltro, conterraneo e amico di Renzo Piano; ma questo è altro discorso) in parte hanno un senso profondo e molto “sentito” dalla gente: riguardano le più classiche argomentazioni “anti-Casta”.
Specie in un momento del genere, non tante persone gradiscono la nomina di ben quattro senatori a vita (possono esserne nominati al massimo cinque e, secondo certa giurisprudenza costituzionale, non cinque “in tutto” ma cinque per ogni Capo dello Stato; e considerato che questo per Giorgio Napolitano è il secondo mandato presidenziale, si potrebbe addirittura ipotizzare che Napolitano personalmente, a prescindere dalla sopravvivenza dei senatori a vita nominati in precedenza, abbia “comunque” facoltà di nominarne altri cinque al massimo nel corso di questo mandato).
Questo blogger non è molto d’accordo con l’argomentazione (che però almeno non è banale), per un semplice fatto: ragionando in termini economici, chiaro che quel che l’Italia “non può permettersi” oggi a maggior ragione non poteva permetterselo nell’immediato dopoguerra (benché, chiaramente, le somme in gioco non fossero identiche).
Molto più interessante, a nostro modesto avviso, lo “spigolo visuale” offerto da alcuni parlamentari pidiellini: ma non è che questi quattro senatori a vita nominati giusto ora potranno essere perni della fiducia al governo Letta, come Rita Levi Montalcini & C. lo furono, per un periodo, a Palazzo Madama per la sopravvivenza del governo Prodi?
Sgombriamo il tavolo da ogni dubbio: questo, non è affatto un dubbio volgare (come altri), ma perfettamente legittimo.
Va detto con grande chiarezza che un istituto giuridico che non piace o si modifica, o si deve applicare com’è: niente e nessuno può (né deve) impedire ai quattro neosenatori a vita di svolgere appieno la loro vita parlamentare, ove lo ritengano. Inclusi gli interventi in aula. E, logicamente, inclusi i voti; ad esempio, quelli eventualmente a sostegno dell’Esecutivo in occasione dei voti di fiducia.
Purtroppo il rovescio della medaglia ci dice quindi che, in una chiave simile questo era il momento più assurdo per procedere alle nomine, che – riprendendo un’antica dottrina di Diritto costituzionale – potrebbero davvero incarnare uno sgradevole “partito del Presidente”, visto il “Porcellum” e la maggioranza al Senato assolutamente in bilico.
Obiezione che forse fa i “conti” senza l’“oste”: il punto vero nella tempistica delle scelte è, infatti, che per i complicati incroci istituzionali in atto, questi potrebbero essere gli ultimi giorni di Giorgio Napolitano al Quirinale (e dunque gli ultimi utili per esercitare una delle sue massime prerogative da Presidente).