CASO RAPPOCCIO (1) // Rappoccio, dimissionario “precario” e senza Edera
Oggi pomeriggio, a margine dell’inizio dei lavori del Consiglio regionale, l’attesa conferenza stampa del reintegrato consigliere di “Insieme per la Calabria” Antonio Rappoccio.
La prima vera notizia arriva prima dell’inizio dei lavori: «Non terrò a battesimo alcun Comitato, questi di Nessuno tocchi Rappoccio non so neanche chi siano…», ci dice l’esponente del Partito repubblicano (…almeno fin qui…) davanti all’Aula commissioni “Tonino Acri” prima dell’inizio dei lavori.
….che slitterà. Sì, perché Rappoccio non aveva tenuto conto che l’orario originario della conferenza stampa (14.30 circa) era stato diffuso dopo l’inoltro della nota del sedicente Comitato, però prima dell’invio ai media della sua nota “ufficiale” – invito stampa. In poche parole: gli *ignoti* animatori del sedicente comitato avevano conosciuto, «a sua insaputa», data e orario dell’incontro con la stampa prima che ne desse notizia l’interessato. Coincidenze curiose… Aggiungiamoci un’ulteriore spigolatura: diverse fonti confidenziali quanto affidabili (incluso qualcuno certamente vicinissimo al segretario nazionale del Pri, Franco Nucara) sostengono l’esatto contrario!, che cioè il presunto Comitato era ed è una creatura di Antonio Rappoccio. Chi avrà ragione? Ai posteri l’ardua sentenza (visto il tema, è proprio il caso di dirlo).
In seconda battuta, l’eletto di “Insieme.per la Calabria” non aveva tenuto conto di un altro “dettaglio”. Una conferenza stampa “da ospite”, facendo richiesta per tempo e regolarizza
ndo i relativi oneri (ormai, esiste un preciso Regolamento in materia) la si può fare quando si vuole a Palazzo Campanella; non così se un ex consigliere regionale in procinto di tornare nella qualifica desidera svolgere una conferenza “nel ruolo” istituzionale. Eh sì, in questo secondo caso il “minimo sindacale” è di attendere formale reintegra: dunque, le operazioni preliminari che caratterizzano la prima seduta assembleare utile, cioè quella di oggi.
Per cui la conferenza stampa non si poteva certo tenere alle 14,30 (come forse qualcuno aveva pensato, sperando che per una volta il Consiglio regionale iniziasse davvero all’orario previsto sulla carta, le 13: ma non è andata così neanche stamattina…) né alle 15. E s’è potuto dare inizio all’incontro solo alle 16.
Una conferenza stampa, va detto, in cui 9 parole su 10 non le ha dette certo l’interessato, ma il suo legale di fiducia Giacomo Iaria (al centro, nella foto).
Nel merito, dalla conferenza stampa emergono tre “chicche” mica male.
La prima: Antonio Rappoccio, dopo un “inferno” fatto dal suo collega di lista / accusatore / successore / predecessore Aurelio Chizzoniti (collega di lista perché primo dei non eletti proprio in Insieme per la Calabria; accusatore perché verosimilmente senza i corposi dossier dell’ex assessore regionale Rappoccio non sarebbe stato non diciamo arrestato, ma probabilmente neanche mai indagato; successore, in quanto subentratogli in Consiglio regionale dopo il suo arresto; predecessore, perché giusto oggi Antonio Rappoccio, una volta scarcerato e dopo aver chiesto all’Ufficio di Presidenza d’essere riammesso nei ranghi d’Assemblea, è stato formalmente restituito al proprio scranno consiliare giusto al posto di Chizzoniti), in realtà torna consigliere regionale solo per un grappolo di giorni: ha già deciso irrevocabilmente di dimettersi, ma solo a far data dal prossimo 24 settembre.
In effetti, decide il dipendente dell’Afor di riprendere un proprio diritto (il posto a Palazzo Campanella da eletto, una volta revocati i domiciliari). E questo, benché sia pendente comunque l’impugnazione sul fronte cautelare voluta dallo stesso procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho; un riesame, della scarcerazione voluta dal Tribunale reggino, sul quale peraltro il Tribunale della libertà dovrà decidere già il 7 agosto (pochissimi giorni, in pieno periodo di “ferie degli avvocati”, ignorato per precisa volontà della Procura). E tornerà consigliere regionale, ma senza staff né rimborsi: la seconda notizia era facile immaginarla (visto che anche Antonio Rappoccio figura tra gli indagati della “Rimborsòpoli” calabrese…), la prima è volta a depotenziare le concrete chances di reiterazione del reato nella valutazione dei magistrati che sulla sua libertà torneranno presto a decidere. Fermo restando che, una volta tornato consigliere regionale, in teoria la libertà personale dell’eletto di Insieme per la Calabria potrebbe essere costantemente a rischio: in effetti, c’è un «fatto nuovo», cioè l’effettivo ritorno del politico ex-detenuto nella carica di consigliere regionale.
E invece proprio il fatto che non ci fossero «notizie ufficiali» su questa rentrèe (impossibile: doveva ancòra votare al riguardo il Consiglio regionale, che ha visto tutti favorevoli tranne il dipietrista Mimmo Talarico: il consigliere rendese ha votato “no”) era il cardine della motivazione in base alla quale è stata rigettata altra richiesta di custodia cautelare nei confronti di Rappoccio.
Seconda chicca: Antonio Rappoccio, pur eletto in quota-Pri nella lista “Insieme per la Calabria” (summa dell’impegno politico-elettorale dei repubblicani, che espressero lo stesso Rappoccio, dell’Udeur, che fornì tra le altre la candidatura del già citato Chizzoniti, e del Nuovo Psi), ha voluto pubblicamente prendere le distanze dal Partito repubblicano. Un partito che «l’ha scaricato, dal quale il mio assistito s’è sentito abbandonato», per usare le parole dell’avvocato Iaria, essendo “arrivato” a sospenderlo appena scattata la misura cautelare: un po’ poco, a nostro modesto avviso – e in conferenza stampa non abbiamo mancato di rilevarlo – per parlare di abbandono partitico o di fiducia tradita, considerato che a) qualsivoglia partito, davanti all’arresto di qualsivoglia eletto per qualsivoglia ipotesi di reato, lo sospende in via cautelativa, come “atto dovuto” più che per prenderne le distanze, e senza andare lontano basterà guardare i comportamenti dei partiti d’appartenenza nel caso dei (non remoti) arresti dei vari Santi Zappalà e Franco Morelli; b) giusto al Pri, se dev’essere accusato d’essersi malcomportato, va semmai contestato l’inaudito silenzio di tutta la nomenklatura sul “caso Rappoccio” per un biennio e più, come se la Questione Morale esistesse solo a decenni alterni, o solamente ove a essere colpite risultino forze politiche differenti dalla propria.
Terza “spigolatura”: il (nuovamente) consigliere regionale, a dispetto delle sue “frecciate” al Partito repubblicano, resterà comunque nel gruppo “Insieme per la Calabria” fino alla data (24 settembre, abbiamo visto) dalla quale avranno vigore le sue dimissioni.
Non era affatto scontato, e comunque noi gli abbiamo esplicitamente chiesto «se la decisione di non dimettersi prima, ovvero quella di dimettersi adesso e comunque di dimettersi solo a far data dal 24 settembre, sia stata presa di concerto col Partito repubblicano o con la lista», ma su questo Antonio Rappoccio non ha speso una parola, nella sua risposta.
Ma poi, vedete, non era scontato anche perché alla conferenza stampa – seduti inconsuetamente tra i banchi dei giornalisti, peraltro sotto l’occhio attento di più di un componente dell’Ufficio stampa di Palazzo Campanella – c’erano tre ex consiglieri comunali di Reggio Calabria: gli scopellitiani Pasquale Imbalzano e Felice Nava (primo e secondo da sinistra, nella foto) e l’ex capogruppo dell’Unione di centro Bruno Bagnato (terzo).
Un’ “attenzione” obiettivamente impossibile da ignorare.
(1 – continua)