Una “legge Reggio Calabria”: e la politica calabrese mette a nudo le sue lacerazioni
Una battaglia prevalentemente procedurale, quella consumatasi nel primo pomeriggio a Palazzo Campanella. Non di forma, però, s’è trattato, ma di “polpa” purissima… E il “caso Reggio”, prima di rientrare “dalla porta” con l’ingresso in Giunta dell’ex sindaco Demy Arena, rientra “dalla finestra” attraverso una legge regionale che inevitabilmente spacca in due come una mela il Consiglio regionale.
Accade infatti quello che non ti aspetti: già in apertura, surrogato il neodeputato vendoliano Nando Aiello dall’ex assessore alle Minoranze linguistiche Damiano Guagliardi (nella foto, il consigliere regionale arbereshe sùbito dopo il suo ingresso in aula), l’udiccino Gianluca Gallo mette l’accento sull’inserimento in ordine del giorno di un punto aggiuntivo delicatissimo: l’uso dei proventi delle dismissioni del Patrimonio edilizio per colmare i disavanzi di bilancio degli Enti locali.
Come ogni norma, un articolato “generale e astratto” ma che, visti tempi e luoghi, non può non rimandare ai 118 milioni di euro di “rosso” di Palazzo San Giorgio. Al punto che potremmo chiamarla direttamente “legge Reggio Calabria”.
Il riferimento del consigliere centrista, relatore sul progetto di legge (primo firmatario, il capogruppo pidiellino Gianpaolo Chiappetta), era a un inserimento nel quadro dei lavori d’aula verificatosi poche ore prima, a voti unanimi, in Conferenza dei capigruppo, secondo una rodatissima prassi, varata all’inizio della consiliatura.
Ma proprio qui “casca l’asino”….
La minoranza, infatti, cade dalle nuvole.
Antonio Scalzo e Demetrio Naccari del Pd e l’ex dipietrista-ex tabacciano Peppe Giordano del “Misto” negano infatti che il punto sia stato neanche nominato (!) in Conferenza dei capigruppo; «altrimenti – fanno notare – ci saremmo duramente opposti alla sua trattazione con questa strana urgenza…».
Il centrodestra però dissente. E in un veemente batti-e-ribatti, lo stesso presidente d’Assemblea Franco Talarico smentisce la tesi di un odg “creativo”, confermando che il punto addizionale è stato regolarmente approvato dai capigruppo all’unanimità.
….Ma è “muro contro muro”.
L’ex sindaco facente funzioni di Reggio, Naccari, “fiuta” al volo la valenza politica dell’operazione, attraverso cui in qualche modo si validerebbe la gestione del Comune ai tempi del controverso “modello Reggio”. Per cui fa intanto notare che la legge vìola «2-3 articoli della Costituzione e 3-4 leggi ordinarie, cosa che la porterebbe comunque a essere ‘affondata’ dalla Corte costituzionale». Sulla “capigruppo” mattutina, “disdetta” poi la prassi-Talarico, chiedendo formalmente al segretario generale Nicola Lopez l’esito della votazione in tale occasione o, in subordine, pretendendo che sull’inserimento del provvedimento tra quelli all’esame in questa sessione d’Aula si rivoti in Assemblea a norma di regolamento. E cioè consentendone l’aggiunta solo ove si pronuncino a favore almeno i 2/3 dei votanti.
Violentissimo il pur breve intervento del governatore Peppe Scopelliti che, in soldoni, dà del bugiardo agli oppositori: «In conferenza dei capigruppo io c’ero. E Chiappetta, a fine lavori, ha regolarmente chiesto di esprimersi ai presidenti dei gruppi consiliari. Se poi i capigruppo di minoranza sono incapaci d’intendere e di volere, questa è altra faccenda».
….Ma cosa prevede, la travagliatissima proposta di legge Chiappetta (“divisiva” già in Quarta commissione Ambiente: Pd, Idv e consiglieri del Gruppo misto si pronunciarono contro)?
C’è, nel pdl numero 446 (peraltro, depositato solo 20 giorni fa…) un solo articolo, che a sua volta sancisce l’inserimento di un novello comma 7-bis nel corpo dell’articolo 59-ter della legge regionale 32/96 sui canoni per gli alloggi Erp.
Questo comma nuovo di zecca consente inopinatamente di tappare le mille falle dei bilanci negli Enti locali attraverso i denari ricavati dalla vendita degli alloggi d’edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni (altro indiretto richiamo alla vicenda di Palazzo San Giorgio: proprio questo fronte era una delle tre direttrici a suo tempo indicate proprio dalla giunta Arena per guadare la scalcinatissima situazione finanziaria reggina).
Ciò potrà verificarsi in due casi: a) per gli Enti «dichiarati in dissesto finanziario», b) per i Comuni «che abbiano deliberato l’adesione al Piano di riequilibrio finanziario pluriennale» previsto dal Tuel, il Testo unico Enti locali. Quest’ultimo, in riferimento a quanto statuito dalla “commissione Panico”, è proprio il caso di Reggio Calabria… Il Comune, sotto la gestione commissariale, ha infatti aderito a un Piano di riequilibrio decennale.
E del resto, «destinare prioritariamente i proventi» delle dismissioni d’unità abitative “Erp” per risanare le casse dei Comuni alle soglie del default (oltre che di quelli già formalmente dissestati), secondo la stessa relazione di Gianluca Gallo cristallizza «l’attuabilità di un importante sistema di finanziamento del deficit economico-finanziario, già in una fase prodromica al dissesto».
Né manca un puntuto riferimento alla sentenza n. 94 del 2007 della Corte costituzionale: facendo perno sull’articolo 117 comma 4 della nostra Carta fondamentale, i Giudici delle leggi attribuiscono «competenza residuale esclusiva» alle Regioni sull’edilizia residenziale pubblica, quanto agli alloggi ex-Iacp.
….Già. Ma i giudici costituzionali danno sponda a “coprire le magagne” di gestioni finanziarie “allegre” (come l’opposizione di centrosinistra, nel caso di Reggio, denuncia da un decennio) o quantomeno discutibili, troppe volte nel mirino della Corte dei conti? Oppure no?
Francamente, il nodo della legge regionale approvata oggi sta tutto qui.