LETTERA A PD E SEL. 1 / Dai derogati a Nimby
Quando siamo allo showdown delle candidature, il centrosinistra (cioè Pd e Sel, tirando fuori la simpatica “invenzione” di un Centro democratico di per sé inesistente, se non per motivi elettorali) deve fare i conti con se stesso.
Nel Partito democratico si sa benissimo quale marasma sia accaduto per la candidatura alle primarie calabresi (nella “circoscrizione” di Reggio Calabria) del presidente nazionale del partito, Rosy Bindi, una dei 10 “derogati”. Anche se è commissario regionale dèmocrat (da non troppo tempo, in verità…) anche il campano Alfredo D’Attorre candidato alle primarie nel Catanzarese ha lasciato molti attoniti, per quanto non sorpresi.
Mancano però diversi dettagli.
CONSENSO – Una prima questione: ok, la “toscana” Bindi (che poi in realtà vive in Veneto da sempre, ma vabbè…) s’è candidata in Calabria. E i 7mila voti presi alle Primarie?
Ovvia l’obiezione: la presidente nazionale era più che “spinta” dai vertici pd. Ma è inutile allora che si parli di scelta “imposta da Roma”, se poi perfino di fronte a un metodo democratico con cui – in caso – escludere la Bindi il territorio ha dimostrato di gradirla altamente, facendone la seconda per preferenze di tutto il territorio di Reggio&provincia (e la prima fra le donne; particolare cruciale, vista la “preferenza di genere”).
Discorso del tutto analogo per D’Attorre, votatissimo nel Catanzarese.
NEMO PROPHETA… – Secondo nodo: e uno come l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Marco Minniti? Un reggino non può essere “calato dall’alto” nel suo stesso territorio. Eppure questa è in sostanza l’accusa per il capolista piddino per Palazzo Madama, “reo” soprattutto di essere un «generale senza truppe» (accusa che ci sta tutta, visto qualche bruciante insuccesso in elezioni “dirette” e, stavolta, la candidatura “blindata” in quota-Bersani). Ma posto che il deputato uscente avesse comunque voglia di tornare in Parlamento: se non qui, dove candidarlo allora?! E il crotonese Nico Stumpo, segretario nazionale organizzativo del Pd, dove candidarlo se non in Calabria?
SINDROME DI NIMBY – E il “caso Minniti” sicuramente può introdurre bene una questione non strettamente piddina.
Come considerare la candidatura di Rosy Bindi o, per i vendoliani, della giornalista del manifesto Ida Dominijanni (benché d’origini catanzaresi), piuttosto che – guardando ad altri partiti, altre coalizioni – del romano Stefano Amore (pure, già pm a Reggio) quale probabile capolista alla Camera? E sempre per le liste calabresi dèmocrat, l’impegno di Angelo Argento (luogotenente lettiano, siciliano di Enna)?
Giusto o sbagliato che sia produrle, è evidente che non si tratta di candidature “territoriali”. E’ altrettanto evidente, però, che questo tipo di candidature esiste in tutte le circoscrizioni regionali d’Italia (e non solo nel Partito democratico): in alcuni casi perché un territorio è “strapieno” di risorse emergenti e/o di parlamentari uscenti, in altri casi perché parliamo di soggetti della “società civile” che alla libera prova delle preferenze franerebbero drammaticamente (in altre parole, sarebbe inutile impegnarli, senza un lungo tirocinio politico-istituzionale che, però, non ne farebbe più “freschi” elementi “sociali”, ma stazzonati politici di sottobosco), in altri casi ancora perché ci troviamo sì di fronte a chiare soggettività politico-partitiche che però, per i motivi più vari, non dispongono di un importante patrimonio di suffragi.
(1 – continua)