Aeroporto dello Stretto, ‘ndrangheta, imprese… e la “Baggìna”, la Lega, i De Stefano…
La ‘ndrangheta prende l’aereo. O almeno ci prova…
La Prefettura di Roma ha negato la certificazione antimafia alla ditta Mucciola Piero spa; l’azienda reggina (con sede legale a Roma, dove nel 2006 ha peraltro pure aperto un avamposto operativo), cioè, che s’era aggiudicata l’appalto per la nuova Aerostazione dell’Aeroporto di Reggio Calabria (controvalore, 11 milioni di euro).
Forse superfluo, ma comunque utile dire che la società di gestione dello scalo reggino (la Sogas, presieduta da Carlo Porcino), alla luce dell’interdittiva capitolina, ha immediatamente rescisso il contratto. Ma questo – va detto – già si sapeva almeno dal mese scorso, quando il presidente del Consiglio d’amministrazione anticipò la scelta durante la tappa reggina del forum Sogas 2.0 (che solo 4 giorni fa ha conosciuto la sua tappa messinese).
…Non è una novità assoluta, stando almeno alle inchieste anti-‘ndrangheta degli ultimi anni, l’accostamento dell’azienda e del suo capostipite, appunto il romano Piero Mucciola (che vanta il 60,5% dell’azionariato, mentre il resto è diviso in parti uguali tra i figli Fabio, Roberto e Massimo) a soggetti e ambienti discutibili.
In particolare, nell’àmbito delle inchieste sui “fondi neri” della Lega Nord, il titolare del “filone” reggino, il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo (foto qui accanto) ha tolto dai cassetti la fotografia in cui gli investigatori, il 17 settembre 2009, avevano immortalato l’attuale titolare dell’azienda, Fabio Mucciola – il quale per i magistrati avrebbe «consistenti interessi» a Milano, dove peraltro ha vinto varie commesse, sempre nel segmento impiantistica, nel corso degli anni –, davanti all’ormai celeberrimo portone meneghino di via Durini, 14 della Mgim Service insieme a Paolo Martino, che gli inquirenti da tempo ritengono il businessman della cosca De Stefano (cioè il “ministro del Tesoro” di una delle “famiglie” di ‘ndrangheta più potenti di tutti i tempi, con ruolo-chiave e vittime eccellenti nelle due sanguinose “guerre di mafia” a cavallo degli anni Ottanta che fecero di Reggio Calabria un truculento campo di battaglia) e a Bruno Mafrici, legale originario di Melito Porto Salvo operativo appunto in Mgim su cui pendono tanti punti interrogativi, dallo stretto rapporto con Romolo Girardelli (indagato per riciclaggio appunto dei denari di matrice leghista) alla nomina quale consulente ad opera del tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, (sì, il curatore degli affari del partito di Umberto Bossi che ebbe la “delicatezza” di piazzare fondi per milioni di euro fra Tanzania, Cipro e Norvegia…) una volta che il politico genovese diventò sottosegretario alla Semplificazione amministrativa.
Va detto peraltro che dei servizi della Mgim Service in materia di contabilità si sarebbero avvalsi anche altri importanti soggetti imprenditivi reggini, non ultimo l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena jr. che solo nel luglio scorso, al terzo (!) processo d’appello dell’àmbito del maxiprocesso “Olimpia”, è stato condannato a cinque anni di reclusione dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria per concorso esterno in associazione mafiosa (avrebbe avuto un rapporto osmotico con la cosca Rosmini).
Anche di Mucciola avrebbe parlato ai magistrati milanesi (Ilda Boccassini in testa) il “pentito” di ‘ndrangheta Antonino Belnome, alias il killer di “compare Nuzzo” – kalias l’ex “numero 1” delle ‘ndrine di Lombardia Carmelo Novella –, punito con la morte a San Vittore Olona per le sue “smanie” secessioniste.
E a quanto rammentano al cronista distratto gole profondissime, …non poteva essere che così. Non solo per l’affaire collegato ai presunti fondi neri del Carroccio; e neanche esclusivamente per altri collegamenti da approfondire (Fabio Mucciola risulta ad esempio nel Consiglio d’amministrazione di Cosvea, il Consorzio sviluppo energie alternative, nel cui Cda compare fra gli altri un presunto referente della supercosca gioiese dei Piromalli, Franco Romeo)
…C’è un emblema della milanesità che – singolare coincidenza – ha incarnato il 17 febbraio del ’92 anche la prima pietra dello scandalo di Tangentopoli: il Pio Albergo Trivulzio (20 anni fa gestito dal “mariuolo” Mario Chiesa), ospizio per anziani familiarmente noto ai cittadini del capoluogo lombardo come la Baggìna.
Beh, intorno alla Baggina e ai suoi ricchissimi appalti si consuma una sequenza d’intrecci da far impallidire Brian De Palma…
Specificamente quanto a Mucciola, proprio la ditta roman-reggina l’11 giugno del 2008 s’aggiudicò un importante appalto (8 milioni e 400mila euro d’importo) per la ristrutturazione dell’ex Casa Albergo Manfroni de’ Monfort dei Martinitt, altra casa di riposo / Rsa nelle disponibilità sempre del Pio Albergo Trivulzio.Una gara, si disse all’epoca, bandita e definita sospettabilmente in fretta, con un bando sottoscritto dall’allora direttore generale del Trivulzio Fabio Nitti, in cui però la firma dello stesso Nitti risulterebbe «non chiara» al punto da aver suscitato in più di un investigatore il dubbio che in concreto sia stato utilizzato un bianchetto e l’ex dg della Baggìna non abbia in realtà mai firmato quel bando.
I lavori in via Fornari 19, comunque, sono stati portati a termine con successo nel giro di un anno e mezzo.
Parallelamente, proprio della Baggìna parlava col cugino del “boss dei boss” Paolo De Stefano, cioè appunto Paolo Martino (boss destefaniano pluricondannato per reati di droga, in rapporti evidentemente da chiarire con lo stesso Mucciola) l’ex direttore generale dell’Asl di Pavia e «malato di ‘ndrangheta», com’ebbe ad autodefinirsi, Carlo Antonio Chiriaco (foto a destra): «Noi – dice Chiriaco alla moglie, spiegandole cosa il sodalizio affaristico-politico-mafioso sta per fare allestendo una nuova compagine societaria al cui interno però lui “non potrà” apparire – adesso abbiamo il Niguarda, la psichiatria e la casa di riposo del Trivulzio».
E poi, certo, c’è ancòra il Pat (Pio Albergo Trivulzio) e ci sono ancòra i Mucciola; in più, in questa diversa occasione (è il 2009: altro appalto, altro giro, altra corsa…) c’è il curioso interessamento di un avvocato, Luca Giuliante, che a un bel momento si piazza al telefono per “illuminare” il boss Paolo Martino circa la non esagerata distanza tra l’impresa con l’offerta migliore, la ravennate Cooperative Conscoop (che poi quell’appalto lo vincerà) e la Mucciola Piero spa: « i ‘compagni’, sono a 49,166…. Contro i nostri… quelli di Mucciola, 44,350…», dove i nostri, cioè appunto gli imprenditori lazial-calabresi, sono una “fazione” nella quale lo stesso Giuliante mostra di riconoscersi appieno. Cosa anche abbastanza scontata…, visto che nelle more della gara d’appalto aveva incontrato Martino parecchie volte…
Luca Giuliante (foto qui a sinistra) è un avvocato; è un esponente di vaglia del Popolo della libertà (è stato consigliere e assessore provinciale milanese); è, tra l’altro, il tesoriere lombardo del Pdl (…curiose le frequentazioni-a-distanza in comune col tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito…); è il legale di Lele Mora e Ruby Rubacuori, nell’ormai stranoto Rubygate; è, anche, l’avvocato del Governatore lombardo Roberto Formigoni nel suo ricorso contro la bocciatura del suo “listino” alle ultime Regionali; notevole appendice lombarda rispetto a quanto ha squassato il giornalismo in Emilia Romagna…, è il difensore di un giornalista chiamato a rispondere davanti all’Ordine lombardo per presunti articoli “compiacenti” verso l’ex assessore regionale del Pdl Massimo Ponzoni (dietro «somme di denaro formalmente giustificate da rapporti di consulenza, ma in realtà finalizzate a ottenere la pubblicazione, da parte del giornalista, di articoli sempre favorevoli»), arrestato nel gennaio scorso con le accuse di bancarotta fraudolenta, corruzione, concussione, peculato, appropriazione indebita e finanziamento illecito ai partiti; è, pure, un componente – designato dalla Provincia di Milano – del Consiglio d’amministrazione dell’Università “Bocconi” – sempre nel capoluogo lombardo, certamente tra i più prestigiosi Atenei continentali –, nominato nel 2009 e poi confermato nel novembre di due anni fa per il quadriennio 2010/2014.
…In questo specifico caso, però, Luca Giuliante è “soprattutto” un elemento che almeno in teoria, secondo i magistrati, alla cordata “sospetta” può risultare particolarmente utile.
«Ero un componente della commissione che valuta i titoli d’ammissione alle gare d’appalto del Trivulzio», ammetterà poi Giuliante, a “ciclone” in corso. Aggiungendo però: «Non avevo certo il potere di far vincere questa o quella impresa…». E in effetti, questo secondo appalto non andrà alla Mucciola Piero spa.
Le telefonate, però, quelle restano, a testimonianza di un interesse non certo da “curioso” né da semplice “osservatore” ad opera di Martino verso un’azienda che adesso si vede negare la certificazione antimafia. Anche perché restano, nero su bianco, le parole con cui proprio il politico-avvocato Giuliante descrisse al Giornale il ruolo di Paolo Martino nella vicenda: «Martinomi venne a trovare chiedendomi se potevo fare qualcosa per agevolare un’azienda a lui vicina», anche se Luca Giuliante dice, circa il proprio comportamento, «gli spiegai che non potevo fare assolutamente nulla».
Caro Mario, complimenti, un bellissimo articolo chiaro ed esaustivo. Un pezzo magistrale che ben delinea l’asse Reggio Calabria – Milano, il nuovo asse sul quale si snoda il vero potere.
Gianfranco caro…. posso solo ringraziarti di vero cuore per la tua attenzione e il tuo apprezzamento. Ti mando un grande abbraccio.