“Caso Rappoccio”, scontro sulla legittimità dell’avocazione
“Caso Rappoccio”, stamattina lunghe ore d’udienza (dalle 9,30 fino alle 15): entro dopodomani (20 settembre) la decisione del Tribunale della libertà sulla misura cautelare contestata dal legale del consigliere regionale del Partito repubblicano arrestato – l’avvocato Giacomo Iaria, che già aveva chiesto la revoca della custodia cautelare in carcere al giudice per le indagini preliminari Vincenzo Pedone, con esito negativo – e la cui necessità è stata invece ribadita dall’avvocato generale Francesco Scuderi.
Il motivo di fondo sviscerato dall’avvocato Iaria nel chiedere la scarcerazione per il proprio assistito concerne innanzitutto la divergenza valutativa circa la sussistenza degli estremi per contestare al consigliere pri (eletto per la lista Insieme per la Calabria alle Regionali 2010) Antonio Rappoccio il reato associativo, come eseguito dalla Procura generale presso la Corte d’appello di Reggio Calabria in seguito all’avocazione della causa. E come, invece, non fatto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale reggino per mezzo dei tre contitolari della pubblica accusa (l’oggi procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto e oggi reggente degli uffici di Procura Ottavio Sferlazza e il sostituto procuratore Stefano Musolino), che ai sensi dell’articolo 87 del Dpr 570/1960 (che prevede da 6 mesi a 5 anni di carcere per chi «esercita pressioni» per costringere gli elettori «a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature, o ad astenersi dalla firma o dal voto») non avevano però contestato il reato d’associazione a delinquere in relazione agli «artifici e raggiri volti a limitare la libertà degli elettori al fine di ottenere più voti di preferenza».
Altro nodo affrontato stamane, l’effettiva perdurante «pericolosità» dell’esponente del partito dell’Edera e, in definitiva, il concreto rischio di reiterazione del reato in caso di scarcerazione o quantomeno di concessione del beneficio dei domiciliari… Sul punto, il giudice per le indagini preliminari Vincenzo Pedone – nel rigettare l’istanza di scarcerazione proposta dalla difesa di Antonio Rappoccio – era stato tranchant: «Un mutamento di regime custodiale gli consentirebbe di continuare a tessere la sua malefica ragnatela», aveva scritto il gip, senza troppe perifrasi. Il legale dell’esponente repubblicano ha messo in luce come, per parte sua, già la sospensione dal partito insieme alla «perdita di ogni credibilità politica» minino alla radice ogni pur remota ipotesi di reiterazione del reato. Ciononostante, si sa che Antonio Rappoccio non ha alcuna intenzione di dimettersi dalla carica di consigliere regionale: questo, fa presente il suo staff di difesa, perché una determinazione in questo senso parrebbe incompatibile col professarsi innocente del membro della massima Assemblea calabrese (mentre, aggiungiamo noi, il fatto di dimettersi da consigliere di per sé non offrirebbe al politico reggino alcuna garanzia di scarcerazione). L’avvocato generale ha ovviamente contestato la pur minima valenza della sospensione (e, peraltro, non espulsione) dal Partito repubblicano, visto oltretutto che la volatilità e la possibile trasmigrazione di un consigliere regionale da questo a quel gruppo consiliare non ne menoma neanche pro-quota le prerogative istituzionali, quelle cioè primariamente alla base della possibilità di riorganizzare quello che il gip ha avuto a definire un «callido disegno criminoso».
Sullo sfondo, per come argomentato nelle tre ore d’intervento dall’avvocato Iaria, la stessa contestata legittimità dell’avocazione del fascicolo ad opera della Procura generale. L’iscrizione nel registro degli indagati, ha rammentato il legale, era stata effettuata nei confronti di Rappoccio per il reato di corruzione elettorale. E la stessa Procura della Repubblica, in una nota, a suo tempo chiarì che semmai la corruzione elettorale poteva essere contestata in concorso e in continuazione di reato con i correi, ma non configurabile quale «programma criminoso indeterminato»; e proprio l’indeterminatezza del programma criminoso, insieme alla consapevolezza di un vincolo associativo permanente e all’esistenza di una pur basica struttura organizzativa adeguata però al perseguimento degli obiettivi criminosi incarna la “triade” di elementi cardine dell’associazione a delinquere. Soprattutto, rispetto all’avocazione in sé, la difesa di Antonio Rappoccio ha tuonato: dal rigetto dell’avocazione (formulato il 24 novembre 2011 da parte dello stesso Scuderi) a oggi, cos’è cambiato? Puntualissima la replica dell’avvocato generale che, sfrondata dai tecnicismi, si può riassumere più o meno così: quando mi fu chiesto di avocare, la Procura della Repubblica obiettò che stava portando avanti le indagini e io ritenni che nel prosieguo avrebbe dunque potuto procedere alla contestazione del reato associativo come andava fatto, quando mi resi conto che queste aspettative stavano andando disattese intervenni per evitare un inadempimento.
Disputa anche su alcuni documenti relativi a una delle tante “cooperative fantasma” (nello specifico, Sud Energia) trovati a casa Rappoccio: l’interessato sostiene che, alla luce dei pregressi rapporti col membro del Consiglio d’amministrazione di Sud Energia Domenico Lamedica, nel 2011 chiese l’incartamento allo stesso Lamedica per conoscere meglio i dettagli su Sud Energia. Per l’avvocato generale invece è prova suggestiva sulla circostanza che dietro le cooperative “dello scandalo” c’è sempre stato questo fil rouge con Rappoccio che senza dubbio alcuno, stando a Scuderi, ne sarebbe stato l’ispiratore e in ultima istanza il dominus.
….Al termine della sterminata udienza in camera di consiglio davanti al Tdl (presidente, Filippo Leonardo) per il riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, il collegio giudicante s’è riservata la decisione. I termini per il verdetto sulla richiesta a favore di Rappoccio scadranno il 20 settembre, termine ultimo per decidere sarà dunque dopodomani; ma con ogni probabilità già domani si dovrebbe conoscere l’esito.