Le confessioni (non di un malandrino, non di Sant’Agostino ma…) di Grazioso Manno

Il giorno dopo Miss Italia nel Mondo, vinta da una delle ragazze cui negli ultimi tempi la parola «splendida» sembra attagliarsi realmente bene, l’amazzonica Silvia Novais, qualcuno pensa. E ripensa. E rimugina. 

In questo senso, non può che fare notizia l’autodafè di Grazioso Manno, “deus ex machina” dei Consorzi di bonifica in Calabria, che a nostro avviso giustamente lo definisce «un “atto di sfida” soprattutto a me stesso».

Una confessione che è una “bi”-confessione.

Il primo autosmascheramento riguarda infatti non la fede politica (quella, è genuinamente ancorata in chiave pluridecennale, come chiarisce nel suo articolatissimo sfogo del presidente dell’Unione regionale delle bonifiche, alla Balena Bianca: «Io continuo a essere e resto un democristiano del 1982, aridatece Andreotti, Craxi, Forlani, La Malfa e in Calabria Pucci, Misasi, Puija…»), ma una dichiarazione di voto.

«Dichiaro formalmente, nonostante la mia grande e continua amicizia con Agazio Loiero (altro “democristiano al quadrato”, ndr), di aver votato e fatto votare, alle ultime elezioni Regionali, il centrodestra capeggiato da Scopelliti».

Viste le premesse (fede incrollabile nella Dc che fu e così via), quasi un atto da iconoclasta…

 

…Ma c’è ben altro.

La seconda “rivelazione” di Manno riguarda infatti la sua posizione rispetto a una certa Calabria-champagne che può piacere o non piacere, ma è ormai elettoralmente (e non solo) posizionata così. Orientata alla turris eburnea e simultaneamente agli apprezzamenti per le reginette di bellezza, allo spasmodico invito a mezzo spot, media, ospitalità più o meno diffusa nei confronti dei potenziali vacanzieri e, d’altro canto, al radere a zero ogni possibilità d’essere “attrattiva” per chi (strutture ricettive o tour operator, giusto; ma anche imprenditori-non-prenditori, armatori etc. etc.) potrebbe essere interessato a impiantare attività produttive e far lievitare il Prodotto interno lordo calabrese.

 

«Non ho mai amato Romano Prodi, ma una cosa ho condiviso della sua esperienza – ci fa sapere Grazioso Manno –, quando disse: “Il mancato sviluppo del Mezzogiorno, e soprattutto della Calabria, è dovuto alla classe dirigente».

E giù con un profluvio di contumelie nei confronti di quella presente; di quella passata; e, in quota, di se stesso…

 

Quella trasmessa dalla tv di Stato, ironizza il “re delle bonifiche”, è «una splendida versione di Miss Italia nel Mondo, con grande gioia dei partecipanti e, per esempio, dell’acquaiolo dei Consorzi di bonifica o del precario di turno, che si diverte e si diletta in quella serata, ma il giorno dopo si rende conto che tutto questo è “servito” a diminuire le giornate di lavoro e, per esempio, a tagliare i 10 milioni di euro per la lotta alla povertà». E poi l’aggiunta chiarificatrice: «A distanza di oltre un anno dalle elezioni, con grande dispiacere devo dichiarare una grande, enorme, inaspettata delusione sulla condizione del Governo regionale, per non parlare di un’opposizione divisa, conflittuale, inesistente». Dunque, attenzione, le differenze cromatiche ancora una volta, in una singolarissima terra come quella bruzia non c’entrano un fico (dottato?) secco: «Grandi proclami, grandi promesse, pochissimi fatti (…). Non è un problema di destra o di sinistra: è un problema di uomini».

Conclusione amarissima? «La colpa del mancato sviluppo è tutta nostra».

 

Appena poche ore prima, a precedere Manno nella riflessione su Miss Italia nel Mondo & C. ci aveva pensato l’ex assessore regionale alle Attività produttive Ciccio Sulla (francamente, con facilità, vista la sua militanza nel Pd e insomma in atto all’opposizione): «Siamo la regione in cui c’è il maggior numero di famiglie povere d’Italia e il disagio sociale tocca ovunque punte allarmante, ma il presidente Scopelliti non trova di meglio che finanziare, con i soldi dei calabresi, quest’altro circo equestre. Ho l’impressione che il lelemorismo, fenomeno a cui il Paese per fortuna ha chiuso la porta in faccia, continui ad avere in Calabria un’accoglienza trionfale». E poi ampie citazione ai giovani calabresi che «annaspano e non hanno occasioni d’inserimento nel mondo del lavoro», agli stagisti che «attendono il rispetto d’impegni», alla Sanità che «continua a essere un colabrodo».

…Per l’ennesima volta, ci scuserà il consigliere-questore di minoranza a Palazzo Campanella, ci sembra di essere presi in giro. Se la Sanità è un colabrodo, quanto concretamente era riuscita la giunta Loiero a risollevarla? Se i ritenuti migliori cervelli calabresi, invece di darsi da fare per aumentare il coefficiente di ricerca&sviluppo che in questa terra è pari a zerovirgola, «attendono il rispetto d’impegni» non è forse responsabilità piena di chi li ha blanditi, per cooptarli un paio d’anni in una Pubblica amministrazione che ha insegnato loro ben poco, che non ha saputo sfruttarli al meglio per quel biennio, non è stata in grado di stabilizzarli epperò, diciamoci la verità, non era il posto più giusto per dei laureati con 110/110 almeno?

Ma affinché queste riflessioni non vengano viste come una sterile giaculatoria che una parte politica pronuncia nei confronti di quella rivale (e che i calabresi rivolgono a entrambe), aggiungiamo: nello specifico campo della promozione dell’immagine e del rilancio turistico, cosa s’è fatto nei cinque anni passati per la Calabria? L’oggi consigliere del Gruppo misto Nicola Adamo, quando lui –  come Loiero – era nel Partito democratico è stato anche assessore al Marketing territoriale: quali, oggi, le tracce di quell’impegno?

 

Cosa c’entra, tutto questo, con le generose forme della guatemalteca Esther Lanuza, forse tra le più avvenenti partecipanti alla manifestazione della Miren (Mirigliani Enzo, questo l’acronimo della società che patrocina tra l’altro anche Miss Italia nel Mondo)?

…In realtà, se chiudiamo gli occhi e pensiamo a quale sia stata nei 10 anni precedenti l’operazione a sfondo turismo&immagine in grado di lasciare memoria di sé, ne troviamo solo una che venne ampiamente criticata: l’indefessa lotta agli stereotipi d’ogni sorta da parte dell’estroso Oliviero Toscani, che a vantaggio della Calabria s’inventò i ragazzini sorridenti in T-shirt immacolate con slogan incontrovertibili: «Mafiosi? Sì, siamo calabresi…».

 

Non abbiamo problemi a dire che, nel suo genere, quella campagna ci parve (e ci pare) geniale, cambiando non l’oggetto del contendere (= di Calabria si parla solo per dirci quanto siamo poveri, sporchi e malavitosi), ma – magistralmente – il punto di vista (= sappiamo cosa pensate di noi. Guardateci e vergognatevi, rendendovi conto di quanto avete sbagliato finora). Però la memoria non ci difetta: quella campagna pubblicitaria firmata “La Sterpaia” fu presentata in pompa magna nella Capitale, accanto allo strepitoso fotografo c’erano Loiero e Adamo, nella Sala del Cenacolo della Camera dei deputati…

 

Ora, l’importo di quella campagna, che si attirò dietro un’enorme numero di critiche di corregionali (incluse quelle, scontate, dei maitre-à-penser locali), si aggirò intorno ai 200mila euro. Miss Italia nel Mondo, “spottone” per coste e montagne calabresi e frequenti primi piani al Governatore inclusi, è costata alle casse regionali 900mila euro. Ma al di là delle differenze (costi, qualità, vettori, caratteristiche, durata nel tempo, incisività, prestigio nazionale e internazionale, visibilità, “vetrina” televisiva…), viene da dire: se sono stati soldi buttati, lo sono stati in entrambi i casi; se sono stati denari ben impiegati, lo sono stati in entrambi i casi.

 

Il punto è se la pubblicizzazione del territorio possa o meno sopperire a qualcosa che oggettivamente non c’è (collegamenti efficienti, quantità e qualità nei servizi, “buona stampa” fra gli addetti ai lavori e tra i viaggiatori più assidui, strutture ricettive idonee per numero, qualità, tipologie e soprattutto prezzi, attrattive di lungo periodo…).

 

Perché ne parliamo così diffusamente?

Perché questo, tornando alla missiva-sfogo di Grazioso Manno, riguarda tutti noi, l’amministrazione della cosa pubblica, la politica. E ci riguarda «a partire da noi».

 

Per dirlo meglio, lo diremo proprio con le sue parole: «La verità è una soltanto: ognuno di noi, a tutti i livelli, guarda solo ed unicamente ai c…. nostri (…). Molte colpe dipendono anche da noi, perché no: dalle organizzazioni, dai sindacati, dagli Enti come i nostri ecc., ecc., ecc… perché si difende il particolare senza guardare fino in fondo, come la Calabria stia andando a fondo». Risultato: «Non ci siamo mai accorti, e non ci rendiamo perfino conto oggi, che tutto ciò sarà e diventerà un boomerang per ognuno di noi».

 

Cosa c’è di destrorso, in questo? Quanto di centrista? In cosa si potrebbe ritrovare la “gauche”-alla-calabrese?

C’è solo di pensare un po’ meno «ai c…. nostri», costruire un network positivo in cui tirando una linea siano infinitamente di più le persone contente per ogni azione messa a segno di quelle insoddisfatte, mettere un mattoncino alla volta nel muraglione dell’interesse collettivo che oggi – dal trasporto pubblico locale a certe sale operatorie passando per depuratori che troppo spesso traducono le Coste Degli Dei in riviere dello sterco – è praticamente al progetto preliminare.

0 pensieri riguardo “Le confessioni (non di un malandrino, non di Sant’Agostino ma…) di Grazioso Manno

  • 3 Agosto 2012 in 9:46
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    ma questo è fuori come una campana. Il mancato sviluppo è dovuto a gente come lui, alle sue assunzioni clientelari, alle sue megalomanie, al suo credersi signore e padrone dei Consorzi forse perché da democristiano crede che le cariche si ereditano. Che ottemperasse alle disposizioni dei giudici invece di fare teatro.

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