Rating: più della libertà di pensiero, potè la “strizza”
Il tema non è stato mai così attuale: chi controllerà i controllori?
Eh sì, perché le agenzie di rating nei mesi, negli anni scorsi hanno provocato più di una public disgrace: per esempio, hanno ben accreditato ‘giganti dai piedi d’argilla’ come la Enron, Lehman Brothers, Fanny Mae (i risultati si sono visti in un battibaleno) e così via.
Adesso, è arrivato in Consiglio dei ministri il decreto delegato che – concordemente alla legge Ue varata lo scorso anno al riguardo – designa Consob, insomma l’organismo per far sì che in Borsa e quanto alle società quotate “tutto fili liscio”, alla vigilanza sulle agenzie di rating operanti nel nostro Paese. Perché? Troppi sfracelli per lasciare il futuro al Fato.
Il dettato normativo comunitario aveva imposto di chiedere debita autorizzazione al Cesr (Comitato autorità europee regolamentazione valori mobiliari) alle agenzie di rating che volessero ‘votare’ operatori economici continentali, sulle 40 complessive risultate 7 per quanto concerne il mercato italiano.
Adesso, le norme nazionali andrebbero a introdurre all’art. 193 del Testo unico Finanza un nuovo comma che stabilisce che Consob (nuovo organismo competente in tema di vigilanza ‘specifica’), Banca d’Italia, Isvap (l’istituto che vigila sulle società assicuratrici) e Covip (che tiene la “guardia alta” sui fondi-pensione) si scambino le informazioni sulle agenzie di rating seguendo la via dei protocolli operativi. Ed estende le sanzioni già previste a proposito d’informazione socitaria e doveri di sindaci e società di revisione – da 5mila a mezzo milione di euro – ai vertici aziendali delle agenzie di rating del credito, in caso di: a) violazione dei dettami comunitari b) attività abusiva c) mancata astensione in presenza di conflitto d’interessi.
Va detta una cosa molto importante: che la normativa continentale (e quella made-in-Italy che ne è mera conseguenza), al di là delle tecnicalità, hanno visto un inedito contemperamento fra due principi degni di tutela: la tutela del risparmio, ha sancito l’Europa, prevale sul diritto alla libera espressione del pensiero.
Follie interpretative? …Eh, no!
Fin qui, a livello internazionale ma soprattutto negli Stati Uniti, i ‘mostri’ del rating avevano tentato una difesa semplice-semplice: “Le nostre ‘pagelle’ sono mera espressione del libero pensiero – avevano in pratica asserito –, non è mica colpa nostra se poi la nostra autorevolezza ne ha fatto uno strumento di valutazione nell’ambito dei mercati mondiali…”.
…Peccato.
Riprovateci.