E’ stato salutato con un applauso il boss della ‘ndrangheta Giovanni Tegano, arrestato ieri sera a Reggio Calabria dopo 17 anni di latitanza, atteso stamattina da parenti e amici all’uscita della questura da dove poi è stato portato in carcere. Il modo con il quale è stato salutato il boss non è piaciuto al questore, Carmelo Casabona, che ha bollato gli applausi come un fatto vergognoso.
Ad applaudirlo una minoranza di parenti e amici ma l’episodio ha innescato un diluvio di polemiche e di dichiarazioni.
Qualcuno gli ha anche gridato ‘Giovanni uomo di pace’, proprio a lui che deve scontare una condanna all’ergastolo e che è stato protagonista degli anni della guerra di mafia di Reggio Calabria che provocò oltre seicento morti.
Quando stamani in conferenza stampa è stata posta la domanda sugli applausi il primo a sbottare è stato proprio Casabona ritenendo quanto accaduto “un fatto molto brutto”. Il Procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ha ribadito che gli applausi erano rivolti ad una persona condannata all’ergastolo ed ha voluto sottolineare che “c’é sicuramente una stragrande maggioranza di calabresi che non ha voce per mancanza di strumenti o per paura”. Il no all’enfasi degli applausi è stato ribadito anche dal ministro Alfano e per il capo della squadra mobile, Renato Cortese, per anni Tegano ha alimentato quel fascino misterioso e “negativo soprattutto in coloro i quali sono venuti oggi ad applaudirlo”.
L’arresto del numero uno dei latitanti calabresi è sicuramente un duro colpo contro la ‘ndrangheta. L’ennesimo.
Quando ieri sera gli agenti della squadra mobile ed i colleghi del nucleo speciale Sco-Mobile hanno fatto irruzione nella villetta dove si nascondeva, Tegano ha cercato di nascondersi in una stanza buia. I poliziotti però gli hanno puntato in faccia un faro e, in quel preciso istante, il boss si è reso conto che la sua latitanza era finita. Tegano era inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi e dal 1995 erano state diramate le ricerche in campo internazionale. In realtà gli investigatori ipotizzano che il boss non si è mai allontanato da Reggio Calabria dove si concentrano i suoi “interessi”.
Con Tegano, che aveva una pistola ed un coltello, sono state trovate altre cinque persone, tra cui il genero, Carmine Polimeni, di 30 anni, che sono stati arrestati in quanto ritenuti fiancheggiatori. La villetta in cui si nascondeva, dotata di un sofisticato sistema di video sorveglianza, è stata sequestrata. Nonostante i suoi settant’anni, Tegano gestiva ancora i suoi affari e gli investigatori non escludono che proprio ieri sera fosse in compagnia dei suoi amici più fidati per parlare delle sue attività. Per gli investigatori il boss reggino è un “esponente di spessore della ‘ndrangheta”. Il suo arresto, secondo il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, chiude un ciclo perché è stato assicurato alla giustizia “l’ultimo dei grandi latitanti calabresi di notevole spessore”. |